A Livorno in festa per l'alto
riconoscimento (nomina
a senatore), Galileo Ferraris con un memorabile discorso il 6 gennaio
1897 lasciava intendere
il suo testamento morale:
«. .. Ed ora mi accogliete
in mezzo a Voi per la
seconda volta; mi accogliete quì dove io nacqui; ove dorme mia madre, ove
dorme mio padre;
ove riposa lo zio che a dividere le
durissime fra le cure paterne
consumò, oscuro
eroe, la vita; ove riposano le zie, dentro le quali parve che la madre
mia, salendo al cielo
avesse lascialo, per amore di
noi bambini, la più bella
parte dell'anima
sua.
«E qui, ove l'aria che mi
riempie i polmoni è
quella stessa che mi aprì il petto al primo respiro, ove le cose che mi
circondano sono quelle che
suscitarono dentro di me le prime
idee, ove ogni cosa che vedo,
ogni suono che sento,
porta gioie e i primi dolori, qui
il vostro applauso che mi ricorda
quello che mi riempiva
l’anima di un'onda di voluttà, se accadeva che io vedessi sul volto
di mio padre brillare
per causa mia un raggio di
contentezza...
<... Lasciate che la mia mente,
fissando nell'avvenire,
si bei nella visione di una generazione
non ad altro intenta che
al bene del paese,
non più divisa da lotte di
partiti personali, ma da lotte di
idee, le quali non
lasciano traccia di amarezze
nell'animo, come l’uragano non lascia
alcuna traccia
nel cielo.
«... Il sole benefico
fecondi i tuoi campi; crescano,
o Livorno, i tuoi figli liberi e belli; sorrida
su di essi, stella costante,
Amore... ».