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EVANGELISTA
TORRICELLI a
GALILEO GALILEI [in Firenze].
Roma, 11
settembre
1632
Molto Ill.re et Ecc.mo
Sig.r mio Col.mo
Nella absenza del Rev.mo
Padre Matematico(1)
di N. Sig.re(2), sono restato io
humilissimo
suo discepolo e servitore, con 1' honor di suo secretario; fra le
lettere del quale havendo io letta quella di V. S. molto Ill.re
et Ecc.ma, a lei ne accuso, conforme l'ordine
datomi, la
ricevuta, e a lui Rev.mo ne do parte in
compendio. Potrei
nondimeno io medesimo assicurar V. S. che il Padre Abbate in ogni
occasione, e con il Maestro di Sacro Palazzo e con i compagni di quello
e con altri prelati ancora, ha sempre procurato di sostenere in piedi
li Dialoghi di lei Ecc.ma, e credo che sia stato
causa che
non si è fatta precipitosa resolutione.
Io sono pienissimamente informato d'ogni cosa.
Sono di
professione matematico, ben che giovane, scolaro del Padre R.mo
di 6 anni, e duoi altri havevo prima studiato da me solo sotto la
disciplina delli Padri Gesuiti. Son stato il primo che in casa del
Padre Abbate, et anco in Roma, ho studiato minutissimamente e
continuamente sino al presente giorno il libro di V. S., con quel gusto
che ella si puol imaginare che habbia havuto uno che, già
havendo assai bene praticata tutta la geometria, Apollonio, Archimede,
Teodosio, et che havendo studiato Tolomeo et visto quasi ogni cosa del
Ticone, del Keplero e del Longomontano, finalmente adheriva, sforzato
dalle molte congruenze, al Copernico, et era di professione e di setta
galileista.
Il Padre Grienbergiero, che è molto
mio, confessa
che il libro di V. S. gli ha dato gusto grandissimo e che ci sono molte
belle cose, ma che l'opinione non la loda, e se ben pare che sia, non
la tien per vera. Il Padre Scheiner, quando gliene ho parlato, l'ha
lodato, crollando la testa; dice anco che si stracca nel leggerlo per
le molte disgressioni. Io gli ricordavo le medesme scuse e diffese che
V. S. in più lochi va intessendo. Finalmente dice che V. S.
si
è portato male con lui, e non ne vol parlare.
Del resto io mi stimo fortunatissimo in questo,
d'esser
nato in un secolo nel quale ho potuto conoscere et riverir con lettere
un Galileo, cioè un oracolo della natura, et honorarmi della
padronanza et disciplina d'un Ciampoli, mio amorevolissimo signore,
eccesso di meraviglia, o se adopri la penna o la lingua o 1' ingegno.
Haverà quanto prima il Padre R.mo la
carissima di V.
S., e le risponderà. Intanto V. S. Ecc.ma
mi
farò degno, ben che inetto, d'esser nel numero de' servi
suoi e
de seguaci del vero; che già so che il Padre R.mo,
o
a bocca o per lettere me gli haverà altre volte offerito per
tale. E per fine a V. S. faccio con ogni maggior affetto riverenza.
Roma, 11 Settembre
l632.
Di V. S. molto Ill.re
et Ecc.mav o
Hum.mo e Devotiss.mo Ser.re
Sig.rGall.
Gal.
Evang.ta Torricelli
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Note:
(1)
Benedetto Castelli.
(2) Il papa
Urbano
VIII.
(3) Istituto e
Museo di
Storia della Scienza, Firenze, Italia
(4)
in LE
OPERE DI GALILEO GALILEI, Edizione Nazionale a cura di
Antonio
Favaro,
Firenze, Barbera
Editore, Prima Edizione 1890-1907, Vol. XIV, pp. 387-388.
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