OSSERVATORIO ECOLOGICO BRIANZA

 

 MONZA

 
   
 
 
 
LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE SI DOMANDANO         PERCHE’ MONZA
NON È NEL PARCO LOCALE DI INTERESSE SOVRACOMUNALE (PLIS) GRUBRIA?
   
Lunedì 3 Febbraio il nuovo PLIS GruBria ha iniziato a muovere i nuovi primi passi.
I comuni consociati e le associazioni presenti sul territorio si sono incontrate per valutare le possibili iniziative da porre in campo. L’obiettivo è quello di rendere partecipi i cittadini per la valorizzazione e la salvaguardia di questo Parco.

Nato nel Maggio del 2019, dall’unione del Parco del Grugnotorto-Villoresi con quello della Brianza Centrale, rappresenta un importante tassello per la salvaguardia dei territori liberi dalla cementificazione, per la realizzazione dei corridoi ecologici e di un sistema verde a nord di Milano.

Dieci i Comuni consorziati (Bovisio Masciago, Cinisello Balsamo, Cusano Milanino, Desio, Lissone, Muggiò, Nova Milanese, Paderno Dugnano, Seregno, Varedo) con 2.063 ettari di terreno vincolato (verde-agricolo) per oltre 350.000 abitanti, sono i numeri del nuovo Parco. A questi numeri mancano quelli di Monza, ......leggi tutto
   
le aree verdi da tutelare a Monza
Eppure il 24 ottobre 2016 il Consiglio Comunale di Monza con delibera n. 77 aveva approvato l’adesione al Parco del Grugnotorto-Villoresi con l’inserimento di 218 ettari di aree libere; decisione avallata, il 9 marzo 2017 dal Presidente della Provincia di Monza e Brianza.
   
     
 
   
     

METRO   5

       
  COMUNICATO DEL COORDINAMENTO AMBIENTALISTA

OSSERVATORIO PTCP MONZA E BRIANZA
 
                                       
E’ stato presentato lo scorso giugno all’Osservatorio del paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali e della rete ecologica provinciale il progetto di fattibilità tecnica ed economica del prolungamento della linea metropolitana M5 a Monza
Premettendo che il Coordinamento ambientalista Osservatorio PTCP di MB è favorevole allo sviluppo ma soprattutto al miglioramento del trasporto pubblico per ridurre l’utilizzo dell’auto private, decongestionare le nostre città e migliorare la qualità dell’aria, esprimiamo dubbi e incertezze sulla scelta del prolungamento della linea M5, sia rispetto al bilancio economico, all’analisi costi/benefici e al consumo di suolo che ne deriverà in una parte della Città.
  
 
 
  In particolare, si esprime forte preoccupazione per la localizzazione e la scelta progettuale relativa al deposito/officina previsto nell’ambito del prolungamento che andrà ad interessare le aree tra via Borgazzi e Viale Campania (quartiere Casignolo), una delle aree libere più grandi, tra le ultime rimaste nella zona sud di Monza in direzione di Sesto San Giovanni e Milano.
 
 
I nuovi edifici ricadrebbero completamente in un’area del Parco Locale di Interesse Sovracomunale del «Grugnotorto Villoresi» oltre a svilupparsi, secondo il vigente Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, su aree agricole strategiche e inserite in Rete Verde. L’impatto pesante dell’opera è chiaramente descritto dai numeri anticipati nella presentazione: tra i 13 e 18 ettari di territorio consumato, completamente agricolo, 30.700 mq di edifici con un’altezza di 8,75 m. Con questa localizzazione e configurazione progettuale si andrebbe dunque a privare l’area di Monza di una consistente porzione di suolo libero.
Inoltre, la compensazione prevista con piantumazioni destinate a coprire visivamente le strutture e separarle dagli edifici residenziali limitrofi, non sembra essere sufficiente a garantire, come prevedono le norme del PTCP, “che non venga compromessa la continuità e la funzionalità ecologica del corridoio stesso”.
   
 
Così come recentemente espresso dal Presidente del PLIS Grugnotorto Villoresi, prof. Arturo Lanzani, il coordinamento ambientalista Osservatorio PTCP di MB ritiene che la localizzazione dell’area a deposito vada rivista, anche con un suo ridimensionamento e una modifica del tracciato, ricercandone l’allocazione in una delle innumerevoli aree dismesse presenti nella cintura metropolitana milanese e monzese.
Evitare un ulteriore incremento di consumo di suolo è il principio che deve essere alla base delle scelte sul prolungamento della linea metropolitana M5 a Monza.

IL COORDINAMENTO AMBIENTALISTA OSSERVATORIO PTCP di MB

Monza, 1 luglio 2019
   
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5 luglio 2019
M5 A MONZA UNA SOLUZIONE CHE NON CONVINCE
 
Il deposito a Bettola una ipotesi insostenibile

di Arturo Lanzani
 
  Il progetto che porta ad un prolungamento di M5 a Monza ha un valore paradigmatico, per segnalare i danni prodotti dall’assenza da qualsiasi disegno di pianificazione territoriale nell’area centrale milanese di un disegno che cioè massimizzi gli effetti positivi sugli insediamenti esistenti di una estensione delle reti metropolitane, intrecci queste scelte con quelle localizzative di alcune funzioni strategiche, valorizzi i pochi spazi aperti residui rimasti, specialmente nelle zone più urbanizzate e spinga invece al massimo riuso di aree dismessi e infine miri con progetti integrati ad esempio di infrastrutture-verde-paesaggio a produrre territori di qualità e non nuove degradate periferie.
     
M5, come noto, arrivata da tempo alle porte di Cinisello, piegherà inspiegabilmente per Bettola, dove è in costruzione il nuovo capolinea di M1, raddoppiando l’offerta in loco di accessibilità al trasporto pubblico anziché servire insediamenti sprovvisti. Da Bettola entrerà in Monza toccherà la stazione Rfi e si dirigerà verso i due importanti attrattori di mobilità a Monza: il parco di Monza-Villa reale e soprattutto l’ospedale (Fig 1).
   
   
E’ un tragitto di dubbia utilità in Monza (che soffre di problemi di mobilità interna est-ovest più che nord sud) e che nell’accessibilità verso Milano mette assurdamente in competizione M5 con i servizi ferroviari suburbani, nella direzione verso Garibaldi. M5 offre dunque un servizio reale solo a un settore occidentale della città di Monza e molto più marginalmente ad alcuni quartieri di Cinisello e Monza comunque non lontani dalle fermate di M1. Se vogliamo usare uno slogan, M5 non sarà la metropolitana di Monza, ma solo un collegamento estremamente lento da Monza a Milano, proprio a causa dello scollamento tra il percorso e le direttrici “monzacentriche” di mobilità.
   
ragionamento di pianificazione territoriale avrebbe portato a scelte diverse. In primo luogo a potenziare su un tratto non saturo della rete ferroviaria (secondo ipotesi già esplorate dalla provincia di Monza) il servizio ferroviario da Monza verso Milano Garibaldi e soprattutto con un tragitto “corto” della s9 da Monza a Milano Lambrate-Porta Romana-Romolo-Albairate (che si affianchi a quello “lungo” da Saronno-Seregno-Monza ad Albairate che nel tratto da Seregno a Monza non sembra poter essere intensificata per saturazione della linea). In secondo luogo far proseguire M5 nella direzione di Cinisello nord e Muggiò, in una zona con una popolazione non inferiore a quella di Monza ovest, del tutto sprovvista di trasporti pubblici efficaci verso Milano (e anche verso Monza).
 

Da Muggiò la M5 poteva flettere verso Monza polo istituzionale (ove comunque sull’area dove non si è realizzato il polo fieristico si trovano 30.000 per un deposito), intrecciare la ferrovia Milano-Monza-Seregno-Chiasso alla altezza della prevista stazione nord di Monza – da realizzare contestualmente- e da quel punto raggiungere Ospedale e parco di Monza. In questo tratto M5 oltre a garantire un accesso pubblico a questi due importanti infrastrutture (più efficace tra l’altro dai suoi molti utenti che arrivano da Nord) avrebbe svolto due altre fondamentali funzioni: di alleggerimento del traffico ipercongestionato est-ovest tra Monza Muggiò e soprattutto con la realizzazione di una stazione integrata rfi_M5 a Monza nord avrebbe offerto uno sfogo ai quasi 50.000 abitanti di Lissone e del settore nord-ovest di Monza che trovano treni già saturi sulla S9 nella stazione di Lissone (e frequentemente rallentati dal disperato tentativo di salirci da parte dei pendolari) e che quindi in questo caso hanno effettivamente bisogno di un servizio aggiuntivo garantito da M5.
   
Infine si sarebbe potuto allungare di tre fermate M1 portandola fino alla stazione Rfi offrendo un servizio più efficace alla densa zona di Monza sud da cui si fatica a raggiungere le stazioni FS di Monza e Sesto (magari con un tragitto che da Bettola non proceda ad s ma si diriga prima a nord lambendo il nodo della rotatoria di San Fruttuoso sulla SS36 e da li con tracciato est ovest si diriga alla stazione di Monza, secondo una soluzione che risponda ai problemi di mobilità est-ovest della città di Monza).
   
In una analoga logica di sistema sarebbe auspicabile il prolungamento della gialla verso Cormano (con interscambio con le ferrovie nord) e si potrebbe chiudere a Cusano Milanino terminale di già finanziata metrotranvia Seregno-Desio-Nova.Cusano con un tracciato leggermente più breve e più efficacemente intrecciata con la rete metropolitana milanese, o in alternativa fino a Paderno Dugnano dove l’area dismessa della Snia garantisce spazi per un eventuale deposito e da li più a nord piegare verso Nova Milanese con terminale sempre sulla metrotranvia di cui si è detto (fig2)
 
 
Perché un progetto alternativo con una così forte razionalità di sistema non si è realizzato? Io credo per due ragioni. Innanzitutto perché tutto è stato demandato alla interlocuzione iniziale dei sindaci -passati e presenti- di Monza e Milano non supportati da qualsiasi ragionamento di sistema e intersettoriale di pianificazione territoriale sul quadrante Nord di Milano e della Brianza centrale, attenta ai problemi generali della mobilità, ma anche alla tutela e valorizzazione paesaggistica dei pochi spazi aperti, al riuso delle are dismesse, ecc.. In secondo luogo perché è prevalsa una prassi di autonoma pianificazione interna di un attore, MM, per cui come noto la scelta della direzione di prolungamento era legata essenzialmente all’interesse a realizzare quanto prima un nuovo deposito-officina –con indifferenza agli impatti ambientali- e per cui non fa problema entrare in competizione con RFI (Rete Ferroviari Itali), in alternativa ad un allargamento delle possibilità di mobilità collettiva su un più vasto territorio.
 
 
E qui si arriva a determinare un vero e proprio scempio ambientale e territoriale: la realizzazione di un deposito di M5 (fig3) in uno dei pochi ambiti non edificati di dimensioni significative intercluso tra i territori quasi totalmente urbanizzati di Sesto Cinisello e Monza, o meglio se allarghiamo lo sguardo nel cuore di una conurbazione compresa tra i settori settentrionale del comune di Milano, il tracciato del fiume Lambro e l’altopiano delle Groane, una delle porzioni territoriali intercomunali più urbanizzate e più carenti di spazio verde in Italia e Europa (più del 70% del suolo urbanizzato). Uno spazio aperto che di conseguenza diversi atti amministrativi hanno cercato di tutelare. L’area infatti è stata azzonata in parte come ambito agricolo strategico e in parte come ambito paesaggistico di interesse provinciale nel piano territoriale della provincia di Monza e Brianza ed è stata inserita nel Parco del Grugnotorto Villoresi al fine di tutelare il suolo e di elaborare interventi di valorizzazione ecologica paesaggistica e di fruizione collettiva. Agli occhi di chi scrive pare scandaloso che alla luce dei conclamati obiettivi di limitare il consumo di suolo non solo non si sia individuata una delle tante aree dismesse per realizzare il deposito (eventualmente con una modifica di tracciato funzionale a questo fine), ma la si sia collocata nel settore più critico della regione milanese. Pare egualmente scandaloso che quant’anche si scelga di localizzarlo in tale area lo si faccia con un progetto onestamente impresentabile, ossia con una soluzione che massimizza il suolo occupato a quota zero, che non prevede una consistente compensazione omologa al consumo del suolo che avrebbe dovuto portare alla qualificazione di tutto lo spazio aperto residuo con una sistemazione a bosco e a prati pubblici e infine senza prevedere un concorso internazionale di progettazione che coinvolgendo gruppi di progetto con competenze multiple ingegneristiche, urbanistiche, architettoniche, paesaggistiche, forestali ed ecologiche mitighi l’impatto e cerchi di trasformare una scelta sbagliata almeno in un articolato e qualificato progetto di territorio e di paesaggio (di progetto contestuale di parco e deposito).
 
I giochi sembrano chiusi sul tracciato: l’inerzia delle scelte politiche di organizzazione del territorio, purtroppo totalmente sottratte ad un approfondimento tecnico interdisciplinare (ossia di visione, disegno, pianificazione territoriale) strettamente associato ad un dibattito pubblico, ha ormai prodotto a “palla di neve” una mobilitazione parlamentare trasversale durante il dibattito sull’ultima finanziaria a favore, non del necessario prolungamento della rete metropolitana in Brianza, ma di un progetto specifico perlomeno infelice. Solo una analisi costi benefici fortemente negativa potrebbe (si spera) riaprire un margine di discussione e una volontà di fare –finalmente- qualche ragionamento di pianificazione territoriale (che detto per inciso dovrebbe essere assai più alimentata da una autonoma riflessione del mondo universitario, come terzo attore e non come assegnatario di piccole commesse di ricerca).
 
 
Credo che sia sicuramente e doverosamente possibile almeno un ripensamento della scelte del deposito, trovando un’altra sede su ambiti dismessi o in subordine elaborando un diverso qualificato progetto sull’area verde del Chignolo in Monza. Un progetto di parco agro forestale low cost esteso all’intera area entro cui inserire ad una quota differente e con un disegno qualificato un deposito-officina di più limitate dimensioni.

Spero che a questo fine si attivi una mobilitazione convergente di mondo universitario, cittadinanza attiva, forze politiche e di istituzioni territoriali.

Arturo Lanzani                                                                                
 
 
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