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Importante
sentenza del Consiglio di Stato sulla prevalenza della tutela del
paesaggio e della biodiversità sugli interessi privati anche se
questi ultimi sono oggetto di convenzione urbanistica già
stipulata
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di Fabio Modesti (da www.fabiomodesti.it)
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La
pianificazione paesaggistica va oltre gli aspetti di percezione
estetica dei territori per addentrarsi sempre più in quelli
scientificamente sondati come l’ecologia. In questa
pianificazione i corridoi ecologici, primari e secondari, costituiscono
assi di connettività ambientale nei quali le specie animali si
spostano da un habitat ad un altro, utilizzando anche territori
agricoli o parzialmente antropizzati. Di questo si è occupato il
Consiglio di Stato in una
recentissima sentenza pronunciandosi nel merito di una vicenda che ha
visto parti in causa una società immobiliare-commerciale e la
Provincia di Monza-Brianza.
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Il caso
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La
prima era titolare di un insediamento produttivo – commerciale in
prossimità di un altro insediamento industriale, assentito nel
2011 in variante allo strumento urbanistico comunale. La seconda aveva
approvato il Piano territoriale di coordinamento nel 2013 qualificando
l’area oggetto di intervento come «i) area ricompresa e
costituente le “principali linee di continuità
ecologica”; ii) area interessata da percorsi rurali e inserita
nella ricomposizione del sistema agro forestale; iii) area inserita
nella rete verde di ricomposizione paesaggistica; iv) ambito destinato
all’attività agricola di interesse strategico». A
fine 2011 la società ha sottoscritto la convenzione urbanistica
con il Comune di Roncello.
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Ma la Provincia di Monza-Brianza aveva intanto impugnato dinanzi al Tar
Lombardia i provvedimenti comunali, soccombendo tuttavia nel giudizio.
Il Tar ha richiamato l’orientamento secondo cui la stipulazione di una
convenzione urbanistica attribuisce al privato una posizione di
affidamento qualificato, che deve essere adeguatamente ponderata
dall’Amministrazione laddove questa intenda modificare la disciplina
urbanistica dell’area. La modificazione della pianificazione richiede,
in questo caso particolare secondo il Tar Lombardia, «una
motivazione specifica, ordinariamente non richiesta per le scelte di
piano che sono di regola adeguatamente sorrette dai soli criteri
generali di impostazione dello strumento». Inoltre, ha affermato il Tar, «se
è vero perciò che, in linea di principio, la Provincia non sarebbe
stata tenuta a motivare specificamente l’imposizione di una disciplina
di tutela, nel caso in esame la ponderazione dell’interesse privato era
da ritenere necessaria, in considerazione della particolare posizione
della parte».
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La tutela paesaggistica non cede ad esigenze urbanistiche
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Si è giunti così all’appello al Consiglio di Stato che ha sancito, e
confermato, alcuni rilevanti principî accogliendo le tesi della
Provincia lombarda e riformando la sentenza di primo grado. I giudici di
Palazzo Spada hanno affermato che «l’intervenuta approvazione del
progetto non abbia determinato l’insorgenza in capo all’Ente di un
particolare onere motivazionale, tenuto conto della natura della
pianificazione in esame, avente “efficacia paesaggistico – ambientale”». Il Consiglio di Stato ha affermato ancora che «la
tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed
unitario avente valore primario ed assoluto, precede e comunque
costituisce un limite alla salvaguardia degli altri interessi pubblici;
non a caso, il Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce i
rapporti tra il piano paesaggistico e gli altri strumenti urbanistici
(nonché i piani, programmi e progetti regionali di sviluppo economico)
secondo un modello rigidamente gerarchico; restando escluso che la
salvaguardia dei valori paesaggistici possa cedere a mere esigenze
urbanistiche. Emerge la natura sostanzialmente insindacabile
delle scelte effettuate, che si giustifica alla luce del valore primario
ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio ed all’ambiente».
Ne deriva che – secondo i massimi giudici amministrativi -:
«1.
la tutela del paesaggio non è riducibile a quella dell’urbanistica, né
può essere considerato vizio della funzione preposta alla tutela del
paesaggio il mancato accertamento dell’esistenza, nel territorio oggetto
dell’intervento paesaggistico, di eventuali prescrizioni urbanistiche
che, rispondendo ad esigenze diverse, in ogni caso non si inquadrano in
una considerazione globale del territorio sotto il profilo
dell’attuazione del primario valore paesaggistico;
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Oltre la tutela paesaggistica, quella naturalistica
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2. l’avvenuta edificazione di un’area immobiliare o le sue
condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere
dall’intento di proteggere i valori estetici o culturali ad essa
legati, poiché l’imposizione del vincolo costituisce il presupposto per
l’imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie
alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili
con la conservazione dell’integrità dello stesso;
3. ai fini della
imposizione del vincolo paesaggistico, l’ambiente rileva non solo come
paesaggio ma soprattutto come assetto del territorio, comprensivo
financo degli aspetti scientifico – naturalistici (come quelli relativi
alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti
specificamente ai profili estetici della zona;
4. in sede di imposizione
del vincolo di tutela ambientale non è richiesta una ponderazione degli
interessi privati unitamente ed in coerenza con gli interessi pubblici
connessi con la tutela paesaggistica, neppure allo scopo di dimostrare
che il sacrificio imposto al privato sia stato contenuto nel minimo
possibile, sia perché la dichiarazione di particolare interesse sotto il
profilo paesistico non è un vincolo di carattere espropriativo,
costituendo i beni in questione una categoria originariamente di
interesse pubblico, sia perché, comunque, la disciplina costituzionale
del paesaggio erige il valore estetico-culturale a valore primario
dell’ordinamento».
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