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21.1 |
Maestro Campionese |
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Luca Tosi | |||||||||||||||||||||||
Su alcuni marmi della collezione Traversi di Desio | |||||||||||||||||||||||
( estratto cap.2 da Prospettiva Rivista di storia dell’arte antica e moderna pag. 69 aprile 2010)
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2. Maestro campionese (?):
frammento architettonico (seconda metà del XIV secolo) |
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2. Maestro campionese (?): frammento architettonico
(seconda metà del XIV secolo). Desio, collezione privata. |
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Baroni, in prospettiva del riallestimento del Castello Sforzesco dopo la seconda guerra mondiale, privilegia le sculture Traversi di sicura provenienza milanese (come i tre ‘Santi’ balducceschi di una porta urbica)11 e quelle in grado di ampliare il panorama della produzione gotica lombarda. In questa selezione non rientrano i numerosi frammenti architettonici impiegati nell’edificio neogotico come elementi strutturali e decorativi, probabilmente per l’impossibilità di ricondurli a precise fabbriche meneghine e la difficoltà di inserirli nei percorsi di visita.
Tra i più interessanti rimasti a Desio c’è un elemento marmoreo, inedito, di forma triangolare cuspidata, con una base quasi piana ma leggermente concava (fig. 2). Misura cm 46 x 71, con i due lati superiori che aggettano maggiormente e formano, incrociandosi, un angolo di novanta gradi. |
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La parte
centrale del pezzo ha un elemento quadrilobato traforato entro un
tondo, mentre nei vertici inferiori sono ricavati, in negativo,
motivi trifogliati allungati composti da lobi diversi
per dimensione e forma. L’interno del quadrilobo era forse impreziosito da un decoro ad intreccio, andato perduto o mai realizzato. Al momento del suo inserimento in facciata, l’opera è stata probabilmente ruotata di quarantacinque gradi verso destra rispetto al suo originario orientamento: non sarebbe quindi il frammento apicale di una finestra o un tabernacolo, ma la porzione sinistra d’angolo di una struttura complessa. Stringente ci pare il confronto con gli elementi angolari dei sottarchi dell’ambone scolpito da Matteo da Campione e bottega nella basilica di San Giovanni Battista a Monza, ascrivibile al periodo 1378-1396. Simili sono le proporzioni, il disegno e il tipo di marmo impiegato, ma sembra da escludere – anche per una minore raffinatezza dell’intaglio – che il frammento Traversi possa provenire dallo stesso pulpito. Nonostante i rimaneggiamenti settecenteschi, con lo smontaggio dei lati corti poi rimontati sulla fronte, è stato convincentemente dimostrato, attraverso le analisi di Aguilhon e Lomartire, |
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che nessun pezzo significativo ha abbandonato
il Duomo.12 Rimanendo in ambito monzese13 – ma nulla vieta di pensare a una provenienza diversa – si potrebbe azzardare l’ipotesi che l’elemento abbia fatto parte del perduto baptisterium menzionato, come creazione dello stesso Matteo da Campione, nella sua epigrafe sepolcrale, posta all’esterno della basilica. Nulla si è conservato di questo fonte battesimale (rimpiazzato nel 1630), né sono note sue raffigurazioni iconografiche di alcun tipo. Pare comunque plausibile che, trattandosi della stessa bottega attiva nello stesso cantiere, possano essere stati utilizzati medesimo linguaggio figurato e medesima tipologia di marmo per entrambe le commissioni. |
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Per gentile concessione dell'autore
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note originali: |
11) Tosi, I marmi cit., pp. 19-21, nn. 10-12 (inv. nn. 998bis, 999bis, 1000bis). Nel recente convegno sulle porte urbiche milanesi intitolato Il caso
della Madonna di Riozzo (11 novembre 2011, presso il Castello Sforzesco di Milano) ho avanzato la proposta di una provenienza delle statue da Porta Romana. I risultati della ricerca saranno presentati negli atti del convegno di prossima pubblicazione. (?) |
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12) G.A. Vergani, “Per rerum visibilium […] in rerum invisibilium”: alcune osservazioni sui programmi figurativi di Matteo da Campione nel duomo di Monza, in Restituzioni 1999. “Ille magnus edificator”. Matteo
da Campione e il Duomo di Monza, a cura di R. Cassanelli, R. Conti,
Cinisello Balsamo 1999, pp. 19-20, 22-27; S. Carmignani, in
Restituzioni cit., pp. 84-86, 88-89, nn. II(Pulpito), III (Battistero).
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13) Di certo Palagi visita più volte il cantiere della cattedrale monzese, come dimostrano sue copie dal vero degli affreschi della bottega degli Zavattari della Cappella di Teodolinda (C. Volpe, La collezione medievale e moderna, in Pelagio Palagi artista e collezionista, catalogo della mostra (Bologna, Museo Civico, aprile-giugno 1976), Bologna 1976, p. 422; M. Lucco, I dipinti della collezione di pittura, in Pelagio Palagi pittore. Dipinti dalle raccolte del Comune di Bologna, catalogo della mostra a cura di C. Poppi (Bologna, Museo Civico Archeologico, 6 ottobre-8 dicembre 1996, prorogata al 6 gennaio 1997, Milano 1996, p. 214) e alcuni fogli del suo archivio recanti le misure, prese in loco, del vicino campanile (Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna – da ora in avanti BCABo – Mss. Palagi, cart. XXX, busta 2f).
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