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2.1 |
Lastrone con Sirena fra due draghi(136b) (DS136b) |
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Luca Tosi | ||||||||||||||||||||||
Su alcuni marmi della collezione Traversi di Desio | ||||||||||||||||||||||
( estratto cap.6 da Prospettiva Rivista di storia dell’arte antica e moderna pag. 71-72 aprile 2010) | ||||||||||||||||||||||
6. Scultore manierista: lastrone con sirena alata tra due draghi (1540-1550 circa)
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Decisamente meno convenzionale è l’iconografia che contraddistingue il “lastrone con un putto fra due draghi d’un bel carattere del Rinascimento”33 fotografato (fig. 7), nella primavera 1950, dallo studio Longoni di Saronno per la Soprintendenza ai Monumenti milanese, e sparito nei mesi successivi.34 In base alla superficie occupata e ai rapporti proporzionali con i pezzi circostanti dovrebbe misurare, all’incirca, cm 60 x 185.Al centro della composizione trovano spazio, a bassissimo rilievo, una figura femminile nuda con ali di pipistrello e coda da sirena, pressata a destra e a sinistra da due vivacissimi dragoni alati, più a loro agio in un tempio cinese che in questo rilievo rinascimentale. Linee guizzanti e soggetti fantasiosi che allontanano dalla Lombardia già spagnola, richiamando contesti centro italiani: il pensiero corre al clima paganeggiante della villa genovese di Andrea Doria (1466-1560) |
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e ai fogli del fiorentino Perino del Vaga
(1501-1547) che, dal 1528, ne progetta decorazioni, arredi, arazzi e
apparati. Materiale, dimensioni, forma trapezoidale e tematica
sembrerebbero suggerire un originario utilizzo come parte di una
fontana: ma del periodo perinesco, nel giardino del palazzo Doria a
Fassolo, è nota soltanto quella ‘dei delfini’,
probabilmente scolpita da Silvio Cosini (circa 1495-circa 1549) e,
nonostante lo spostamento a fine Cinquecento, pressoché intatta.
Attorno alla metà degli anni quaranta domina il cantiere un
collaboratore di Michelangelo, Giovannangelo Montorsoli (1507-1563),
intervenendo sull’edificio e nel giardino: qui realizza
un’importante composizione marmorea con ‘Satiro o Tritone
cavalcante un delfino’, in seguito riambientata in un’altra
parte del complesso con dispersione dell’originaria peschiera.35
Un confronto con il modo dello scultore toscano di trattare la materia
a bassissimo rilievo è possibile grazie a un’altra
fondamentale commissione Doria, la trasformazione della chiesa genovese
di San Matteo nel mausoleo funebre del principe (1542-1545): Montorsoli
cura l’intero programma architettonico e decorativo, portato a
compimento assieme a Silvio Cosini. Simboli cristiani e imperiali si intrecciano liberamente con ninfe e creature marine, |
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ricoprendo le superfici. I mostri caudati in stucco, sulla volta della cripta,
presentano i richiami maggiori con le creature del rilievo Traversi: ritornano le code avvolte su se stesse in più giri, scattanti e poco fluide; i corpi un po’ tozzi ma muscolosi, così come gli arti, che in alcune scene appaiono come contratti.36 Numerosi sono stati i rimaneggiamenti, tra la fine del Cinquecento e il principio del Seicento, anche in questo sito, con la manomissione della cantoria e delle due coppie di pulpiti e altari laterali. L’ipotesi di una possibile provenienza del bassorilievo da uno dei cantieri Doria è inoltre avallata dalla presenza, nella raccolta brianzola, di un’opera di sicura origine genovese: un architrave gaginesco con ‘San Giorgio e il drago’, ideato per il portale d’accesso di un palazzo cittadino della famiglia Promontorio, oggi esposto nel Museo d’Arte Antica di Milano (inv. n. 1010bis).37 L’ipotesi è che proprio Pelagio Palagi, a Genova per progettare il palazzo di Giuseppe Farragiana (attorno al 1830) e in buoni rapporti con l’artista e collezionista Santo Varni (1807- 1885),38 abbia acquistato (o preso contatto per acquistare) le sculture rinascimentali per conto del Traversi. |
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Lastrone con Sirena fra due draghi
(ubicazione sconosciuta) |
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Lastrone con sirena alata tra due draghi , scultore manierista (1540-1550) (11)
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note originali: |
34) Nell’archivio della Soprintendenza sono conservate le immagini fotografiche di un servizio realizzato a Desio dallo studio Longoni di Saronno, con alcune note manoscritte sul retro che conteggiano le opere indicando quelle passate al Museo d’arte antica (con una M e il numero progressivo cerchiato di rosso), quelle rimaste in situ (numero cerchiato in blu) e quelle di cui non si conosce la sorte (numero cerchiato a matita e punto interrogativo). | |||||||||||||||||||||
35) E. Parma Armani, Un giardino per il principe, in La scultura a Genova e in Liguria. Dalle origi-ni al Cinquecento, Genova 1987, pp. 304-309; L. Magnani, Storia di un giardino, in Il Palazzo del Principe. Genesi e trasformazioni della villa di Andrea Doria a Genova, numero monografico di ‘Ricerche di Storia dell’arte’, nn. 82-83, 2004, pp. 39-54; L. Stagno, Palazzo del Principe. Villa di Andrea Doria. Genova, Genova 2005, pp. 107-122. | ||||||||||||||||||||||
36) E. Parma Armani, Un pantheon per il principe, in La scultura cit., pp. 290-303; P. Boccardo, Andrea Doria e le arti. Committenza e mecenatismo a Genova, Roma 1989, pp. 89-104. | ||||||||||||||||||||||
37) Tosi, I marmi cit., pp. 35-36, n. 22. | ||||||||||||||||||||||
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