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La chiesetta di Sant'Eusebio sorse fra il VII e l'VIII secolo
a seguito del ritrovamento dei resti di due giovani martiri - il nobile
Marcellino e la giovanissima Tealissinia - da parte di alcuni contadini
del luogo. Tutta l'area, infatti, in epoca romana corrispondeva a
un'antica necropoli in cui venivano sepolti i primi cristiani. Fu
dedicata al Vescovo di Vercelli,
al quale apparteneva al tempo anche la giurisdizione su Cinisello.
Tipico esempio di basilica paleocristiana, venne eretta con materiali
poveri, secondo la disponibilità del luogo. Piuttosto famosa l'icona
della Madonna di Sant'Eusebio, venerata da secoli, perfino dalla regina Teodolinda,
circondata oggi da numerosi ex voto. La leggenda vuole che proprio qui
essa fece un sogno, che la portò a diventare cristiana e a erigere il duomo di Monza.
Un'altra leggenda piuttosto conosciuta vorrebbe che vi fosse in tempi
passati un passaggio segreto che collegava proprio il suddetto duomo a
questa chiesetta. (da wikipedia)
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Chiesetta di Sant’Eusebio
La
chiesetta di Sant’Eusebio sorse nel luogo dove i contadini
ritrovarono le tombe di due giovani martiri: Marcellino e Tealissinia.
Già in epoca romana l’area ospitava un tempietto pagano e
attorno vi si seppellivano i defunti.Con l’avvento del
cristianesimo il ‘locus’ fu dedicato a Eusebio, vescovo di
Vercelli, per ricordare l’aspra lotta da lui condotta insieme a
sant’Ambrogio contro l’eresia ariana. La leggenda vuole che
la regina Teodolinda si recasse di nascosto a pregare sulle tombe dei
due martiri, utilizzando un sotterraneo che partiva dal duomo di Monza.
L’oratorium venne eretto alla metà del VII secolo, nel XIV
secolo un artista anonimo dipinse la ‘Madonna del Latte’,
insieme a una Crocefissione, un sant’Ambrogio, un san Lorenzo
diacono. La venerazione per la ‘Madonna del Latte’,
comprovata da numerosi ex voto, non nasce da un grande miracolo, ma
dalle piccole grazie quotidiane chieste dai contadini, che ne
celebravano la festa il Lunedì dell’Angelo. L’evento
è dedicato alla presentazione dell’Associazione
“Vittorio Beretta”,voluta da chi, insieme a lui ha
condiviso la passione per il territorio di Sant’Eusebio e di
Cinisello Balsamo. Vittorio Beretta è stato tra i più
attivi e convinti promotori del ‘Comitato per il Restauro della
Chiesetta di Sant’Eusebio’. L’iniziativa nel 1994 ha
riconsegnato alla comunità di Cinisello Balsamo l’antica
chiesetta. Dello stesso anno la pubblicazione del volume
“L’oratorio di Sant’Eusebio. Storia, arte e
vita”.
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L’oratorio
di S. Eusebio è l’edificio sacro più antico di
Cinisello: si inserisce nell’ambito dell’edilizia
“romanica” minore del territorio di Milano, nel numero
degli oratori campestri e, più in generale, degli edifici sacri
disseminati nelle campagne del Milanese.
Non possediamo alcun documento relativo alla sua fondazione e alle fasi
edilizie più antiche, l’ubicazione però tra il
cardo e il decumano massimo della centuriazione romana ci riporta alla
fine dell’impero romano, almeno nella collocazione di un luogo di
culto cristiano; l’unico ritrovamento effettivo è di epoca
alto medioevale: si tratta della tomba in cui fu reimpiegata
l’iscrizione di Marcellino.
L’unica fonte medievale, il Liber notitiate sanctorum mediolani
(1298), nell’elenco delle chiese dedicate a S. Eusebio riporta la
dicitura: “loco Cinixello, ecclesia Sancti Eusebi”. La
notizia successiva si riferisce alla visita pastorale di Leonetto
Clivone, incaricato da Carlo Borromeo: da essa veniamo a conoscere che
l’edificio, inserito nella pieve di Desio, si presentava in
pessime condizioni, chiuso, non officiato, privo di paramenti liturgici
e arredi sacri e anche di reddito. Nella sua relazione, datata 3
ottobre 1567, la struttura è descritta come una semplice aula
rettangolare coperta da travature in legno a vista e tegole; si
sottolinea già la grande affluenza di fedeli il giorno di
Pasqua, riconoscendo così un ruolo preciso dell’oratorio
nell’ambito della devozione popolare.
Pochi anni più tardi, nel 1579, il 9 Luglio, lo stesso Carlo
Borromeo è a S. Eusebio: di questa visita ci rimane una
“delineatio” ( il disegno dell’edificio) e la
conferma delle precarie condizioni della struttura,a cui si aggiunge
che le mura sono infestate dalla vegetazione e presentano numerose
fenditure.
Le successive visite registrano ancora una situazione immutata;
solamente nel 1615 tutto quanto richiesto anche dal cardinale Federigo
Borromeo, pena la distruzione dell’oratorio stesso, è
stato eseguito: risalgono a quest’epoca i contrafforti della
parete meridionale, il portale a timpano ribassato, il rifacimento del
pavimento, l’apertura di quattro nuove finestre e
l’occlusione delle due finestrelle dell’abside.
L’intervento successivo, 1670, ricorda la costruzione della
sacrestia: nel documento c’è tutta la pratica relativa
alla sua edificazione, accompagnata da un disegno.
L’oratorio non subì ulteriori modifiche fino a quando, nel
1879, il parroco Don Vitaliano Rossi, promosse un’ampia campagna
di restauri, relativa alle strutture edilizie e agli arredi interni. I
lavori prevedevano anche un allargamento del territorio circostante,
diventato proprietà inalienabile e indissolubile
dall’edificio ecclesiastico. Fu anche costruito il nuovo
campanile, con orologio e due campane, la nuova sacrestia e un nuovo
altare in marmo; tutti i lavori furono celebrati da un’iscrizione
collocata alla base del campanile.
In quell’occasione furono rinvenuti importanti reperti
archeologici: i simboli tratteggiati nella fascia inferiore
dell’abside, le due finestrelle primitive, gli affreschi della
parete di sinistra, l’epigrafe originale di Marcellinus ; le
epigrafi di Libaniolus e Tealisinia sono invece delle copie aggiunte
dal parroco stesso.
Successivi interventi di restauro, realizzati nel 1931 e dal 1991 al 1993, le hanno conferito l’aspetto attuale.
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