Biassono  Itesa         125/2022
 
75,3  indice consumo di suolo (2020)
 
 
     
 
 

Osservazioni sull'intesa comune di Biassono e Prov: MB 125/2022

 
  
 
     
 
Incontro de l'Osservatorio Provinciale del 16-9-021 sulla rilocalizzazione industriale della CLEAF da Macherio a Biassono: note e punti di disaccordo sulla procedura e sui contenuti dell'intesa.
  
  
 
La proposta di Intesa non soddisfa alle seguenti condizioni della:

SCHEDA PROCEDURA PER LE RILOCALIZZAZIONI INDUSTRIALI - SPECIALE DISCIPLINA PER PROGETTI DI RILOCALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ INDUSTRIALI E ARTIGIANALI - comma 6 dell’art.5bis delle Norme del Ptcp (art. citato anche nella convocazione)

Facciamo presente che, peraltro, il comma 7 di tale articolo 6, dice testualmente:

7. Condizioni minime delle proposte di cui al comma 6: Il Consiglio provinciale definisce linee di indirizzo relative alle condizioni minime delle proposte di cui al precedente comma


6. Una volta approvate dal Consiglio provinciale, le linee di indirizzo hanno valore vincolante per la ricevibilità/ammissibilità delle proposte.


Chiedo dove sono tali linee di indirizzo del CP. L’unico documento disponibile, inviato nel luglio del 2014 a tutti i Comuni e tuttora pubblicato nel sito della Provincia, è la cosiddetta “Scheda di procedura”, sopra citata, che, tra l’atro, prescrive:
 
 
1) Precondizione (cioè la condizione preliminare):

Verificare la situazione al contorno, anche sulla base delle previsioni urbanistiche dei Comuni contermini all’attuale localizzazione e a quello in cui si propone la rilocalizzazione, al fine di comprovare l’impossibilità di insediare l’attività:
- in aree urbane dismesse o sottoutilizzate presenti sul territorio provinciale;
- in aree aventi destinazione compatibile con previsioni del Ptcp e dei Pgt comunali.
      
 Dove sono queste dimostrazioni?
      
a) Rileviamo che il nuovo capannone che dovrebbe insediarsi a Biassono, si trova tutto all’interno della fascia di rispetto del collegamento con la Pedemontana, la TRMI10 (o nuova SP6) nel PTCP. Inoltre, parte di quel capannone industriale si trova in Rete Verde di ricomposizione paesaggista (art. 31 delle Norme del PTCP) dove non è consentita l’impermeabilizzazione;
     
b) Da un’indagine condotta, sia pur solo via web, sono numerosi i capannoni sfitti o in vendita a Biassono. Non solo: quella rilocalizzazione è nell’Ambito di Trasformazione AT 1 del PGT di Biassono (di 307.000 mq) e quindi il Comune dovrà approvare apposita variante urbanistica in quanto l’intervento è solo in una piccola parte di quell’AT (quindi ora non compatibile col Piano).
 
2) Condizioni minime

Garantire o incrementare il livello occupazionale dell’azienda, mediante presentazione di idoneo piano industriale comprovante la concertazione con le rappresentanze sindacali aziendali, ovvero, in loro mancanza, con le organizzazioni sindacali di categoria competenti per territorio.
   
Documentazione da produrre

Piano industriale

Illustrare, in termini qualitativi e quantitativi, le strategie dell’azienda (obiettivi e azioni per il loro raggiungimento) e la stima dei risultati attesi, con particolare attenzione agli aspetti occupazionali e ai tempi di rilocalizzazione e riavvio delle
attività.

Quello attualmente presentato, non soddisfa a tutti i requisiti richiesti e sopra elencati.
   
3) AIP - Ambiti minimi di pianificazione (art. 34, comma 3 del PTCP), che dice:

“Gli ambiti di interesse provinciale rappresentati sulla tavola 6d sono da considerarsi, ai fini dell’intesa, ambiti minimi di pianificazione.”
Trattandosi di un ampio AIP intercomunale (Tav. 6d), mancano quindi i necessari pareri e le adesioni alla proposta di Intesa anche dei Comuni di Lissone, Vedano e Monza.
 
4) Le compensazioni vengono reperite in larga misura nel Comune di Macherio (demolizione capannone esistente), mentre il nuovo capannone sarebbe a Biassono, con i relativi problemi di impatto e consumo di suolo. Non solo: le compensazioni di Macherio sono fatte su un’area che avrà una destinazione ad autostrada con la relativa fascia di rispetto (APL - Pedemontana) e comunque su aree inedificabili e già destinate, in superficie, a Verde dal PGT di Macherio (si vedi il progetto compensativo Green Urban Park).
   
5) Il fatto di localizzare il nuovo stabilimento in contiguità con quello esistente crea di fatto un vantaggio considerevole sia in termini logistici che economici. Tale incremento di valore non viene tenuto minimamente in considerazione nel calcolo complessivo delle compensazioni ambientali (bilancio costi/benefici ambientali);
   
6) Il nuovo capannone a Biassono, chiude il corridoio ecologico esistente tra le aree verdi del Bosco urbano di Lissone a ovest, e verso nord e nord est verso il Parco valle del Lambro. Il nuovo insediamento, frapponendosi tra il parco Grubria e la Rete Verde, pregiudica di fatto ed in maniera irreversibile il collegamento ecologico del Plis con il Parco Regionale della Valle del Lambro. Aggiungiamo che, secondo noi, sarebbe opportuno che la Provincia, prima di prendere ogni decisione, debba acquisire il parere degli organi direttivi di entrambi i parchi.
 
7) Piste ciclabili: si chiede di prevedere una pista ciclabile lungo la TRMI10 (nuova SP6) nel tratto in questione, ai sensi dell’art. 13 (comma 4bis) del Codice della strada (D.lgs. 285/92 e s.m.i), in modo da collegare i Comune di Lissone, con Biassono e Macherio, verso il Parco Valle Lambro e di un percorso ciclopedonale nord-sud (di collegamento tra Macherio, Biassono e Lissone) quale parziale compensazione della strada vicinale cancellata nei citati interventi.
 
8) Vanno chiarite le dimensioni (metri lineari dalla strada) delle fasce di rispetto della TRMI10 (SP6) rispetto al DM 1404/68, del Codice della strada, del PTCP di MB e del PGT di Biassono e da specificare nella Relazione.
  
9) Non è stato trasmesso, se esistente, il parere della Commissione del paesaggio della Provincia sul questo progetto. Risulta in ogni caso opportuno acquisire anche quello.
 
 
Osservatorio PTCP di MB
 
  
 
 
     
 
 

Paesaggio, i corridoi ecologici prevalgono su interessi privati

  
  
Importante sentenza del Consiglio di Stato sulla prevalenza della tutela del paesaggio e della biodiversità sugli interessi privati anche se questi ultimi sono oggetto di convenzione urbanistica già stipulata
   
di Fabio Modesti  (da www.fabiomodesti.it)
 
   
La pianificazione paesaggistica va oltre gli aspetti di percezione estetica dei territori per addentrarsi sempre più in quelli scientificamente sondati come l’ecologia. In questa pianificazione i corridoi ecologici, primari e secondari, costituiscono assi di connettività ambientale nei quali le specie animali si spostano da un habitat ad un altro, utilizzando anche territori agricoli o parzialmente antropizzati.

Di questo si è occupato il Consiglio di Stato in una recentissima sentenza pronunciandosi nel merito di una vicenda che ha visto parti in causa una società immobiliare-commerciale e la Provincia di Monza-Brianza.
       
Il caso
       
La prima era titolare di un insediamento produttivo – commerciale in prossimità di un altro insediamento industriale, assentito nel 2011 in variante allo strumento urbanistico comunale. La seconda aveva approvato il Piano territoriale di coordinamento nel 2013 qualificando l’area oggetto di intervento come «i) area ricompresa e costituente le “principali linee di continuità ecologica”; ii) area interessata da percorsi rurali e inserita nella ricomposizione del sistema agroforestale; iii) area inserita nella rete verde di ricomposizione paesaggistica; iv) ambito destinato all’attività agricola di interesse strategico». A fine 2011 la società ha sottoscritto la convenzione urbanistica con il Comune di Roncello.
     
Ma la Provincia di Monza-Brianza aveva intanto impugnato dinanzi al Tar Lombardia i provvedimenti comunali, soccombendo tuttavia nel giudizio. Il Tar ha richiamato l’orientamento secondo cui la stipulazione di una convenzione urbanistica attribuisce al privato una posizione di affidamento qualificato, che deve essere adeguatamente ponderata dall’Amministrazione laddove questa intenda modificare la disciplina urbanistica dell’area. La modificazione della pianificazione richiede, in questo caso particolare secondo il Tar Lombardia, «una motivazione specifica, ordinariamente non richiesta per le scelte di piano che sono di regola adeguatamente sorrette dai soli criteri generali di impostazione dello strumento». Inoltre, ha affermato il Tar, «se è vero perciò che, in linea di principio, la Provincia non sarebbe stata tenuta a motivare specificamente l’imposizione di una disciplina di tutela, nel caso in esame la ponderazione dell’interesse privato era da ritenere necessaria, in considerazione della particolare posizione della parte».
   
La tutela paesaggistica non cede ad esigenze urbanistiche
   
Si è giunti così all’appello al Consiglio di Stato che ha sancito, e confermato, alcuni rilevanti principî accogliendo le tesi della Provincia lombarda e riformando la sentenza di primo grado. I giudici di Palazzo Spada hanno affermato che «l’intervenuta approvazione del progetto non abbia determinato l’insorgenza in capo all’Ente di un particolare onere motivazionale, tenuto conto della natura della pianificazione in esame, avente “efficacia paesaggistico – ambientale”». Il Consiglio di Stato ha affermato ancora che «la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario avente valore primario ed assoluto, precede e comunque costituisce un limite alla salvaguardia degli altri interessi pubblici; non a caso, il Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce i rapporti tra il piano paesaggistico e gli altri strumenti urbanistici (nonché i piani, programmi e progetti regionali di sviluppo economico) secondo un modello rigidamente gerarchico; restando escluso che la salvaguardia dei valori paesaggistici possa cedere a mere esigenze urbanistiche. Emerge la natura sostanzialmente insindacabile delle scelte effettuate, che si giustifica alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio ed all’ambiente».

Ne deriva che – secondo i massimi giudici amministrativi -:

«
1. la tutela del paesaggio non è riducibile a quella dell’urbanistica, né può essere considerato vizio della funzione preposta alla tutela del paesaggio il mancato accertamento dell’esistenza, nel territorio oggetto dell’intervento paesaggistico, di eventuali prescrizioni urbanistiche che, rispondendo ad esigenze diverse, in ogni caso non si inquadrano in una considerazione globale del territorio sotto il profilo dell’attuazione del primario valore paesaggistico;
     
Oltre la tutela paesaggistica, quella naturalistica
   
2. l’avvenuta edificazione di un’area immobiliare o le sue condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall’intento di proteggere i valori estetici o culturali ad essa legati, poiché l’imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l’imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell’integrità dello stesso;

3. ai fini della imposizione del vincolo paesaggistico, l’ambiente rileva non solo come paesaggio ma soprattutto come assetto del territorio, comprensivo financo degli aspetti scientifico – naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti specificamente ai profili estetici della zona;

4. in sede di imposizione del vincolo di tutela ambientale non è richiesta una ponderazione degli interessi privati unitamente ed in coerenza con gli interessi pubblici connessi con la tutela paesaggistica, neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto al privato sia stato contenuto nel minimo possibile, sia perché la dichiarazione di particolare interesse sotto il profilo paesistico non è un vincolo di carattere espropriativo, costituendo i beni in questione una categoria originariamente di interesse pubblico, sia perché, comunque, la disciplina costituzionale del paesaggio erige il valore estetico-culturale a valore primario dell’ordinamento
».